Diario
Giorno 16 -Puerto Octay - Puerto Varas 69 km
È l’ultimo giorno del nostro viaggio e, quasi a voler sottolineare la fine di questa avventura, piove. Una pioggia sottile e costante che sembra volerci ricordare che ogni cosa ha una conclusione, ma anche che ogni goccia porta con sé il ricordo di ciò che è stato. Tutto l’equipaggiamento che abbiamo portato per affrontare questa eventualità oggi trova finalmente un senso.
Facciamo colazione con David, che sta decidendo se partire o meno. Lui va nella direzione opposta, verso un nuovo anello intorno al lago, mentre noi ci prepariamo ad affrontare la nostra ultima tappa. Intorno alle 9, l’acqua cade decisa e l’uscita da Puerto Octay è subito in salita, come se il viaggio volesse ricordarci che niente è mai semplice fino alla fine.


Le strade sono quasi deserte. Nessun regalo dai panorami: non vedremo, per tutto il giorno, i vulcani Osorno e Calbuco. Avvolti da una coltre di nuvole, sono lì, ma nascosti, quasi a volerci dire che la loro bellezza ormai la portiamo dentro di noi, non serve vederli per sentirne la presenza.
La prima destinazione è Frutillar Bajo, raggiunta anche attraverso un tratto di ripio imprevisto, quasi un ultimo scherzo della strada. La pioggia finalmente rallenta e, quando entriamo in città, cessa del tutto, lasciando spazio a un timido sole. Le strade si riempiono di turisti, e noi ci concediamo le "solite" empanadas in un chiosco, con la voglia di liberarci finalmente degli indumenti da pioggia.



Frutillar racconta una storia diversa: l’influenza tedesca è ovunque, nell’architettura, nei simboli, nei nomi delle attività. È come attraversare un piccolo frammento d’Europa piantato tra le Ande. Ma il cielo non ci lascia illuderci troppo: quando decidiamo di ripartire, la pioggia torna a cadere, stavolta più forte. Ci cambiamo sotto una pensilina degli autobus e riprendiamo il cammino, con la consapevolezza che ogni goccia è un compagno di viaggio in questa ultima giornata.
La strada si fa faticosa, un continuo "mangia e bevi", e sudiamo copiosamente sotto gli strati impermeabili. La temperatura è alta, e la sensazione è quella di essere imprigionati tra il caldo e l’umidità. Ma, come tutto in questo viaggio, anche la pioggia ha il suo ciclo: piano piano si attenua, e il lago ci regala scorci di una bellezza silenziosa. I vulcani restano nascosti, ma ormai non ci serve vederli per sapere che ci sono.


Arriviamo a Llanquihue, che condivide il nome con il lago. Qui il ritmo è diverso: più autentico, meno influenzato dall’eredità europea, e più radicato nelle tradizioni cilene. È un breve passaggio prima dell’ultima meta: Puerto Varas. Una cittadina viva, pulsante di turismo, con le sue attività commerciali, i ristoranti e le chiese luterane e cattoliche che convivono fianco a fianco, testimoni di una storia fatta di incontri e mescolanze.

E poi arriva l’emozione dell’arrivo. La forza della conquista, la consapevolezza di aver portato a termine un’impresa che, fino a poche settimane fa, era solo un’idea. Facciamo una foto nello stesso punto in cui avevamo immortalato la partenza, circa due settimane fa. Il Vulcano Osorno non si mostra, nascosto dietro un sipario di nuvole. Ma sappiamo che è lì, imponente come sempre, proprio come i ricordi che ci portiamo dentro.

Ci sarà tempo per ripercorrere le emozioni di questo viaggio attraverso le foto e i filmati, per rivivere ogni istante. Abbiamo pedalato per 16 giorni, coprendo 1.163 km in bicicletta e 98 km con traghetti e aliscafi, affrontando un dislivello complessivo di 14.894 metri. Numeri che non raccontano solo fatica, ma anche paesaggi, incontri, silenzi e risate. Numeri scolpiti nei nostri muscoli e nel nostro cuore.

Se ci chiedessero una parola per descrivere questo viaggio, risponderemmo senza esitazione: UMANITÀ. In tutte le sue forme: nelle persone incontrate, nei luoghi attraversati, nella fatica condivisa, nei gesti semplici e nelle emozioni che ci hanno accompagnato. Perché alla fine, è questo il vero significato di ogni viaggio.