Il terzo giorno della nostra avventura si apre con un senso di anticipazione, come se la natura stessa ci stesse sfidando a spingerci oltre. Oggi completeremo il leggendario "Cruce Andino", un viaggio che non è solo un passaggio geografico, ma un’epopea attraverso la spina dorsale di due mondi.
Alle 9:00, dopo una colazione che sa di battaglia imminente, ci mettiamo in cammino lungo la Ruta 225, una strada che si perde nell’immensità. Nessuna auto, nessun volto umano: solo noi, il nostro respiro e il sussurro delle Ande. Il percorso è un "ripio", una traccia di pietre e polvere che si addentra in una valle di orizzonti infiniti, incorniciata dalle maestose catene montuose.
Ad ogni curva, il panorama si fa più grandioso, ma nulla può prepararti alla visione del Cerro Tronador, un titano di 3.550 metri che sovrasta la valle con la sua imponenza silenziosa. È un gigante, un re antico che sembra osservare i nostri passi, ricordandoci la piccolezza dell’uomo davanti all’eterno.
La sfida vera si presenta poco dopo: 7 chilometri di salita al Paso Vicente Pérez Rosales, con 700 metri di dislivello. La strada diventa una lotta contro la gravità, il fondo richiede attenzione, ma ogni pedalata è una dichiarazione di forza. La vetta arriva intorno alle 12:30, e con essa il trionfo. Qui, su questa soglia tra Cile e Argentina, il mondo si apre davanti a noi, e il vento del confine sembra sussurrare storie di viaggiatori che ci hanno preceduto.
La discesa verso Puerto Frías ci introduce in un nuovo regno: il cuore del Parco Nazionale Nahuel Huapi, dove la natura è sovrana e la modernità sembra un’eco lontana. Alla piccola dogana di Puerto Frías, isolata nel verde, le formalità di frontiera sono un dettaglio che quasi passa inosservato davanti alla grandiosità che ci circonda.
Ci imbarchiamo sul Lago Frías, un’opera d’arte naturale. Le sue acque, di un verde profondo, riflettono il cielo e le montagne circostanti come uno specchio incantato. Ogni istante è sospeso, un frammento di meraviglia che ci ricorda perché siamo qui.
Dopo lo sbarco, pedaliamo per altri 3 chilometri su un ripio che sembra volerci raccontare la fatica di chi ha percorso questa via prima di noi. Arriviamo a Puerto Blest, dove ci attende l’ultima traversata: il Lago Nahuel Huapi.
La navigazione su questo lago è pura poesia. Le montagne si ergono come fortezze intorno a noi, le foreste sembrano infinite, e l’acqua cristallina si perde all’orizzonte. È un viaggio dentro il cuore della Patagonia, un’esperienza che toglie il fiato e imprime ogni dettaglio nella memoria.
Sbarcati a Puerto Pañuelo, ci troviamo di fronte all’ultimo ostacolo: 25 chilometri di strada stretta e trafficata fino a San Carlos de Bariloche. La fatica accumulata si fa sentire, ma la promessa della meta ci dà l’energia per proseguire. Ogni pedalata è una sfida, ogni metro conquistato è un altro passo verso la vittoria.
E poi eccoci lì, a Bariloche, dove la fatica lascia il posto alla gioia. La serata si trasforma in una celebrazione epica, con la carne argentina che sembra un dono degli dei e le risate che riempiono l’aria.
Questa non è stata solo una giornata di viaggio: è stata un’odissea, una danza tra la fatica e la bellezza, una celebrazione della forza umana di fronte alla magnificenza della natura. La Patagonia ci ha messo alla prova e ci ha ricompensato con emozioni che non dimenticheremo mai.Il viaggio continua, e con esso, la scoperta di chi siamo davvero.